La Regola d’Oro

15 Maggio 2011 at 18:08

La Regola d’Oro dell’autodifesa: NON ESSERE LI’

Voglio sottoporvi un episodio accaduto ad ottobre 2010 che ha fatto molto discutere l’opinione pubblica e che a mio avviso è esemplificativo di cosa può succedere se non si agisce pensando alla difesa come concetto, piuttosto che come serie di tecniche da eseguire. Analizziamo solo i fatti cercando di evitare i luoghi comuni, le implicazioni (di genere, di nazionalità) e le polemiche che ha suscitato l’episodio.

Stando alle testimonianze, due persone sono in fila alla biglietteria e uno dei due (l’uomo italiano) provoca l’altra (la donna rumena) perché (pare) non ha rispettato la fila (con una frase del tipo “ma a casa tua non si fanno le file?”). Sul momento non succede nulla, ma poi la donna aspetta fuori dalla biglietteria l’uomo e lo aggredisce prima verbalmente (con frasi del tipo “maleducato, impertinente”), poi lo segue ed inizia a strattonarlo (sembra che all’inizio sia lei a mettergli le mani addosso in maniera aggressiva, qualcuno riferisce “con calci negli stinchi”). L’uomo prosegue per la sua strada quasi indifferente, poi (e qui iniziano le riprese della telecamera) la donna lo ferma, iniziano a litigare da molto vicino, lui si avvicina sempre più (forse con minacce verbali o forse per uno sputo in faccia), lei lo colpisce su un braccio e lo offende… e poi le versioni sono discordanti.

Secondo alcuni lui si gira come per andare via ma, sentendo una frase del tipo “ti cavo gli occhi” e vedendo un movimento della donna vicino alla borsetta (movimento che lo avrebbe insospettito) si gira di scatto e “spinge” con il palmo aperto sul viso della donna. Secondo altri in principio l’uomo fa per andare via, ma poi ci ripensa subito e, per infierire, carica un vero e proprio colpo a mano aperta (si scoprirà dopo che non è stato un pugno) con l’intenzione non di spingere, ma proprio di percuotere.

Ebbene, chi ha sbagliato? Sicuramente se entrambi avessero osservato la regola d’oro del “non essere lì” tutto si sarebbe evitato. Non dimentichiamoci infatti che il risultato finale, oggettivo, è che un essere umano è morto e l’altro ha seri guai con la giustizia (in principio pochi giorni di carcere, poi gli arresti domiciliari).

Analizziamo le azioni in sequenza.

  1. Provocare una persona verbalmente per aver fatto qualcosa (saltare la fila) può essere giusto o ingiusto (non entro nel merito) e finché si tratta di parlare e basta credo ci sia poco da dire, ma vale la pena farlo?
  2. Sembra che la prima persona ad usare le mani sia stata la donna (anche se in maniera lieve, non causando nessuna lesione) che ha aspettato fuori l’uomo per vendicarsi del torto subito: anche qui, non è evidente che provocare con offese, minacce, anche alzando le mani (pur senza fare del male veramente) è un comportamento estremamente rischioso?
  3. Non trascuriamo poi la reazione dell’uomo: risponde alle offese con frasi del tipo “ma tu non sei normale” e rincara la dose con riferimenti alla nazionalità della donna, quindi in pratica non fa niente per difendersi, ma alimenta il fuoco del diverbio. Cammina e si allontana per la sua strada senza apparentemente curarsi di quello che potrebbe succedere.
  4. La donna taglia la strada all’uomo per fermarlo e costringerlo a continuare a discutere: la distanza di sicurezza non esiste, il diverbio diventa sempre più acceso.
  5. L’uomo sputa in faccia alla donna (o finta un’aggressione con la testa).
  6. La donna si gira come per difesa (o per evitare lo sputo).
  7. La donna colpisce il braccio dell’uomo.
  8. L’uomo si volta, poi ruota il corpo e colpisce (o spinge) il viso della donna.
  9. La donna sicuramente è stordita dal colpo poiché cade a corpo morto, battendo pericolosamente la testa.

Mi fermo volutamente qui: non voglio parlare della gente intorno, dei soccorsi, delle testimonianze, ecc. Al momento mi interessa far capire che tutte le 9 azioni sono errate: tutte, dalla 1 alla 9.

  1. Meglio non provocare in maniera aggressiva gli sconosciuti (donne o uomini che siano), soprattutto per motivi futili. Non sappiamo con chi abbiamo a che fare: può essere una persona già alterata per vari motivi, potrebbe essere molto suscettibile o peggio armata… in pratica non scateniamo l’ira senza motivo. Possiamo semplicemente osservare con calma e gentilezza che “c’eravamo prima noi nella fila” e cortesemente sorridere.
  2. La ritorsione o peggio la vendetta è sicuramente un comportamento “non sicuro”: aspettare qualcuno fuori dal locale scatena una reazione sicuramente uguale (se non maggiore) alla nostra… quindi aspettiamoci guai!
  3. Se nonostante tutti i nostri tentativi di stare lontano dai guai, capita che ci ingiuriano e ci provocano, sicuramente fare finta di nulla (magari con aria superiore) o peggio rincarare la dose con altre provocazioni non è affatto un comportamento “difensivo”: molto meglio guadagnare la distanza di sicurezza, scusarsi (anche se siamo convinti di avere ragione!?) per l’incomprensione e, caso ultimo, fuggire via! Infatti chi ci provoca o cerca di metterci le mani addosso (ad esempio con spintoni o facendo il gesto di colpire con uno schiaffo) probabilmente non ha intenzione di ucciderci, ma è comunque pericoloso perché sposta il piano della discussione dal diverbio a qualcosa di più violento di un semplice scambio di battute… qualcosa di incontrollato che può scatenare reazioni improvvise e che possono portare a situazioni spiacevoli per entrambi.
  4. Fermare qualcuno per strada trattenendolo da un braccio o tagliandogli la strada (e portandosi conseguentemente a distanza ravvicinata) è sbagliatissimo: è proprio un chiaro invito a non lasciar perdere, ma a continuare il diverbio fino a conseguenze imprevedibili.

A questo punto potrebbe sorgere spontanea una domanda: ma se mi iscrivo ad un corso di autodifesa perché non posso applicare quello che ho imparato? A cosa serve altrimenti? La risposta è semplicissima: nessun corso vi salverà da una situazione come questa, in cui si è arrivati (entrambi) al punto 4.

Perché? Per fare un esempio, sarebbe come volere una tuta di amianto per poter giocare liberamente con il fuoco e la benzina! Un conto è cercare di imparare a difendersi in situazioni di emergenza… diverso è invece sperare che vada sempre tutto come previsto, aspettandosi di poter affrontare qualunque situazione, senza mai rimetterci (anche fisicamente, non solo negli aspetti legali: chi entra in un combattimento volontariamente deve mettere in conto che può lasciare sul campo un dente, un occhio, il naso rotto, una costola incrinata… o peggio).

Una difesa deve essere estrema, cioè deve essere applicata nel momento del massimo bisogno, quando è in pericolo la nostra vita, la nostra integrità di esseri umani (o quella di una persona a noi cara e/o più debole e indifesa). Il caso qui analizzato è totalmente l’opposto: si scatena una lite per futili motivi, la si prosegue per una percezione sbagliata di “orgoglio” e “vendetta” e la conclusione è chiaramente svantaggiosa per entrambi: nessuno ne esce vincitore, entrambi sono gli sconfitti.

A mio avviso onore e orgoglio sono termini spesso fraintesi: battersi perché si è stati insultati o provocati è un atteggiamento incivile e infantile, così come voler dimostrare la propria forza fisica è arrogante, stupido e dimostra molta insicurezza: ci sarà sempre qualcuno più forte fisicamente o più veloce nei movimenti di noi. E’ questo un buon motivo per “sfidare” le altre persone? Se siamo insicuri delle nostre capacità, è forse attaccando i più deboli che diventeremo più forti? Ovviamente no. Quindi concludo questo (lungo) articolo non con una morale, che credo ormai scontata, ma almeno con un consiglio alle lettrici: imparate al meglio i movimenti difensivi del corpo, ma tenete presente che la prima difesa inizia dalla mente.

Bibliografia

Il video dei carabinieri

La Repubblica.it

Colpita con un pugno nel metrò

Litigano nel metrò: donna in coma (video)

E’ morta Maricica Hahaianu

Crimeblog.it

La condanna dell’aggressore

L’aggressore ai domiciliari

Corriere della Sera.it

Fu manata, non un pugno